L’incontro
Una domenica mattina, un tavolino, tre caffè e fiumi di parole, nasce così Ed è subito sera.
L’invito di Claudio e Ruggero mi ha sorpreso e lusingato, non è facile interagire con i progetti altrui quando sono giunti a compimento. Eppure, in pochi minuti, è stato evidente il motivo della loro richiesta. La sintonia tra i due fotografi è stata una musica ammaliante e il compito che mi hanno chiesto è più simile a una regia che a una curatela.
Quel “a cura di” di cui loro hanno bisogno si traduce con il desiderio di mettere in ordine parole già esistenti, letture già assorbite e viaggi interiori già sondati, per trasformarli in un contesto che funga da cornice alle loro fotografie.

L’esposizione
Il titolo della mostra o, per essere più precisi, dell’itinerario fotografico, ne riassume l’essenza: uno scambio continuo tra luce e buio, tra mondo esterno e mondo interiore, tra finito e indefinito, tra ermetismo estetico e realtà intelligibile. La scelta del verso di Salvatore Quasimodo evoca il percorso di suggestioni letterarie a cui i fotografi si sono ispirati e, parallelamente, invita a quella dimensione di luce che è il crepuscolo, l’attimo in cui il volgere del giorno diventa l’oscurità della notte; è proprio questo il momento d’inizio della loro indagine fotografica, rigorosamente in bianco e nero.
Per entrambi il focus progettuale è l’attenzione per quell’atmosfera in cui l’occhio avverte la necessità di adeguarsi all’ambiente in una modalità differente rispetto all’approccio con il paesaggio del giorno; la situazione ideale per lo scatto è quella in cui lo sguardo non è in grado di delineare le forme per ricondurle a oggetti o luoghi noti, ovvero quando il senso della vista potrebbe non essere capace di trasferire alla mente un’informazione certa, provocandone il fraintendimento. In questa prospettiva i due fotografi propongono una selezione di fotografie che amplifica l’impressione di non definito, di possibile ma (quasi) inaccessibile, dunque di stimolazione a una diversa percezione dell’esterno e, come attraverso un varco celato, della propria interiorità.

Le suggestioni letterarie suggerite e assieme sviluppate, mettono ancor più in evidenza la ricerca che muove da un desiderio di riflessione, di osservazione diretta di sé e del mondo, per provocare un’intuizione, una visione o una nuova dimensione per lo spettatore.
L’origine del pensiero
Claudio Matarazzo e Ruggero Ruggieri hanno svolto due indagini simili pur procedendo in strade distinte.
A volte arriva il vento prima della pioggia
e accelera il volo degli uccelli fuori dalla finestra, uccelli fantasma che cavalcano la notte,
più strani dei sogni..
DON DE LILLO
Per Ruggero La notte mi viene a cercare è la terza tappa di un itinerario fotografico iniziato con I’m one, I’m another e proseguito con I-dentity, dedicato all’introspezione e alla ricerca del rapporto tra uomo e paesaggio, in prevalenza concentrato su spazi notturni. Si è immedesimato nelle parole del poeta Arthur Rimbaud
Scrivevo silenzi, notti, notavo l’inesprimibile, fissavo vertigini.
e ha camminato nella notte e negli anfratti bui del suo essere uomo e fotografo, per cercare una definizione immaginaria e immaginifica di sé e del mondo contemporaneo.
La notte come metafora è il minimo comun denominatore dei progetti presentati nell’esposizione, le fotografie selezionate sono 12 per Ruggero e 10 per Claudio, il quale aggiunge alcune pellicole prima del loro sviluppo, svolto a cura dello stesso fotografo. Le ore notturne diventano quindi trasposizione del loro vissuto, una sorta di journal intime nel quale annotare, giorno per giorno, le emozioni e il sentirsi parte di qualcos’altro, un mondo meno visibile, che va -per l’appunto- ricercato.
Se Don De Lillo e Paul Auster sono autori significativi per Ruggero, Baudelaire rimane la guida principale per comprendere lo stato d’animo di Claudio; rapito e coinvolto dalla prosa dello scrittore francese, Claudio diviene egli stesso il Flauner che girovaga per la città senza una meta precisa, ove Parigi è sostituita da minori città italiane, a volte paesini privi di valore nel nome, ma che rappresentano i luoghi ideali per dar credito all’immaginazione, alla percezione sensoriale che raggiunge l’apice della recettività nel buio e nel silenzio notturno, per dare vita allo Spazio insondato.
La passione per Baudelaire di Claudio lo porta a sentirsi anche un po’ poeta, senza per questo considerarsi un individuo eccezionale, ma parte anch’egli della massa anonima, che ha perduto la sacralità del vivere. Ma, come l’albatros non si arrende di fronte alle anomalie della vita e il suo volo è come allegoria del pregio dell’artista, così anche Claudio si fa testimone di osservazione e ricerca.
Bisogna sempre essere ubriachi. Tutto qui: è l’unico problema. Per non sentire l’orribile fardello del Tempo che vi spezza la schiena e vi tiene a terra, dovete ubriacarvi senza tregua. Ma di che cosa? Di vino, poesia o di virtù : come vi pare. Ma ubriacatevi. E se talvolta, sui gradini di un palazzo, sull’erba verde di un fosso, nella tetra solitudine della vostra stanza, vi risvegliate perché l’ebbrezza è diminuita o scomparsa, chiedete al vento, alle stelle, agli uccelli, all’orologio, a tutto ciò che fugge, a tutto ciò che geme, a tutto ciò che scorre, a tutto ciò che canta, a tutto ciò che parla, chiedete che ora è; e il vento, le onde, le stelle, gli uccelli, l’orologio, vi risponderanno: “È ora di ubriacarsi! Per non essere gli schiavi martirizzati del Tempo, ubriacatevi, ubriacatevi sempre! Di vino, di poesia o di virtù, come vi pare.
Charles Baudelaire, da Lo Spleen di Parigi
La dicotomia tra moltitudine e solitudine è un tema che accompagna ambedue i viaggi fotografici: se l’atto della fotografia, di per se stesso, è svolto in solitaria, la ricerca costante è l’universalità del sentire umano, cosicché i due termini divengono uguali e convertibili, come direbbe lo stesso Baudelaire. Le immagini proposte sono il frutto di un albero maturo, le cui radici affondano nel vissuto di due uomini appassionati di letteratura, che hanno saputo addentrarsi nei romanzi degli autori amati al punto tale da fondere il pensiero intellettuale con quello fotografico, fino a trasformare l’immagine in essenza.
Se il fotografo gode del privilegio di poter essere autore e spettatore della propria fotografia, riuscirà lo spettatore a confondersi, a dimenticarsi di se stesso e perdersi o riflettersi in contesti indefiniti?
Il Poeta è come lui, principe delle nubi
Charles Baudelaire
che sta con l’uragano e ride degli arcieri;
esule in terra fra gli scherni, impediscono
che cammini le sue ali di gigante.
L’esposizione delle fotografie è ospitata a Spazio Solido, in via Inferiore a Treviso, dal 15 al 30 maggio 2021, con questi orari: dal lunedì al sabato dalle 17 alle 19.30, la domenica dalle 10.00 alle 12.30 e dalle15.00 alle 19.30.
Per maggiori informazioni sui fotografi vi invito a visitarne il sito: Claudio Matarazzo e Ruggero Ruggieri.
I consigli di lettura dei due fotografi: Le notti bianche di Fëdor Dostoevskij, L’uomo che cade di Don De Lillo, Moon Palace di Paul Auster, Sete di Jo Nesbo, Lo spleen di Parigi e I fiori del male di Charles Baudelaire, Walkscapes di Francesco Careri.
Riferimenti cinematografici: Wim Wenders e Andrej Tarkovskij, e per i registi italiani, da Bergman ad Antonioni.