Recentemente, per due giorni consecutivi, ho osservato una persona dipingere. La concentrazione e la cura per ciò che stava facendo mi ha ricordato un libro letto qualche anno fa, L’artista di Barbara A. Shapiro.
Definirei L’artista come un romanzo storico-artistico: storico perché la narrazione ci porta in prevalenza negli anni che vedono l’inizio della Seconda Guerra Mondiale in Europa e negli Stati Uniti, artistico perché le due protagoniste sono legate da una “questione d’arte”, Danielle Abrams, lavora come catalogatrice da Christie’s e Alizée Benoit, l’artista, è una pittrice che partecipa in prima persona al passaggio storico, vissuto negli Stati Uniti, dalla Grande Depressione alla scelta di entrare a far parte del conflitto.
È interessante la struttura caratterizzata da un continuo spostamento temporale; nel presente Danielle indaga sulla vita di una pittrice, amica di Rothko e Pollock, che scompare misteriosamente, mentre nel passato Alizée, determinata e creativa pittrice si muove sullo sfondo di una città segnata dalle riforme proposte dal New Deal, che toccarono anche ambiti di rilevanza artistica attraverso la WPA-Work Progress Administration, con il dipartimento del Federal Art Project, di cui lei fa parte assieme ai suoi amici artisti: Jackson Pollock, Lee Krasner, Mark Rothko e Willem de Kooning.
Nel romanzo, ricco di precisi riferimenti a luoghi e avvenimenti, trama e ordito tessono introspezioni personali, temi sociali e curiosità artistiche, in una suspense che ammalia il lettore.
Ricordo che questo libro mi aveva trasportata veramente in quegli anni, riguardai tutti i dipinti di quegli artisti e andai a Palazzo Venier dei Leoni a rivedere la collezione di Peggy Guggenheim. Poi scrissi all’autrice. Rispose alle mie domande dicendo che aveva immaginato Alizée Benoit come la figura di spicco per la nascita dell’Espressionismo astratto, al pari dei grandi nomi che lo furono realmente. Tra i lavori commissionati dal Governo al Federal Art Project c’era la creazione di murales, da qui il titolo originario del libro The muralist, da presentare alla popolazione come testimonianza dell’identità americana. Mi raccontò quale fu l’aneddoto che attirò la sua attenzione e diede origine all’idea del romanzo: nel 1943 il Federal Art Project chiuse improvvisamente e gli artisti furono licenziati; le opere, in corso o allo stato di bozzetto, finirono nell’immondizia o dai rigattieri, motivo che diede vita alle dicerie su tesori dimenticati e poi fortunosamente ritrovati in soffitte, da familiari o nuovi inquilini.
Così, nel romanzo, le tele, o pezzi di tela, ritrovati e consegnati a Chrstie’s per l’autenticazione sono il nesso tra le due storie. Quella di Danielle, che dissenta dal suo responsabile, il quale vorrebbe attribuire velocemente le opere a noti esponenti dell’Espressionismo Astratto, e quella di Alizée.
L’intreccio storico-politico è messo in rilievo sia dalla figura di Eleanor Roosevelt, moglie dell’allora Presidente degli Stati Uniti, sia dall’opera di Piacasso, Guernica, quadro che segnerà particolarmente il percorso di Alizée. La giovane pittrice si domanda, e lo chiede ai suoi amici, se la sensibilità e la creatività di un artista possono modificare il corso degli eventi; se un’opera d’arte può avere un impatto così potente sulla coscienza delle persone e assumere un ruolo politico oltre che artistico.

Per la Shapiro non è il primo romanzo storico-artistico, la sua passione per l’arte è pari a quella per la scrittura; le chiesi quale sarebbe il movimento artistico più consono alla personalità di Alizée fosse un’artista contemporanea e mi rispose che lavorerebbe in modo astratto e, probabilmente, spingendosi all’estremo. Il suo lavoro sarebbe stato di tipo concettuale, forse avrebbe trovato qualcosa a cui nessun altro aveva finora pensato.
Una recensione più dettagliata e l’intervista a Barbara A. Shapiro a questo link.
Barbara A. Shapiro, L’artista, trad. Maddalena Togliani, Neri Pozza, 2016.