Sono di parte, lo confesso. Lo sono per due motivi: perché ciò che riguarda l’India mi causa sempre una speciale luminosità negli occhi e perché conosco Emanuele Confortin. Eppure quello che leggerete qui è qualcosa di valore che va ben oltre il mio interesse per il subcontinente indiano o la mia amicizia con Emanuele.

Kinnaur Kimalaya è un progetto pluriennale che si è concluso in due tappe: a maggio 2019 con la pubblicazione di un libro e nel 2020 con la realizzazione di un cortometraggio. A dire il vero, non sono sicura che apporre la parola fine a un disegno di tale portata non ha granché senso… vi dirò due parole sull’autore e poi su ciò che racchiude il titolo che è anche il nome di una regione himalayana.

Emanuele Confortin è giornalista, fotogiornalista e documentarista indipendente che da oltre quindici anni si occupa di ricerca e divulgazione; tra le sue preferenze ci sono tematiche d’interesse mondiale, per esempio le migrazioni, di cui è un attento osservatore grazie alla sua innata sensibilità verso le minoranze ai margini della società moderna, o altri fenomeni sociali, che sa interpretare per le conoscenze geo-politiche maturate negli anni e il cambiamento climatico, argomento che pare non toccarci mai direttamente, sebbene i segni di ciò che sta accadendo al pianeta Terra siano visibili nel quotidiano. La laurea in Lingue e Civiltà Orientali all’Università Ca’ Foscari di Venezia ha, dunque, solo amplificato un interesse caratteriale che ha condotto Emanuele, fin da giovanissimo, sulla strada della scrittura e della fotografia. Di lui apprezzo la competenza, la coerenza e l’instancabile ricerca sul campo.

Il progetto Kinnaur Himalaya nasce nel 2003 mentre Emanuele trascorre tre mesi in una regione dimenticata da dio, verrebbe da dire, invece è un distretto tribale nell’Himachal Paradesh, un territorio himalayano, in cui sopravvivono i Grokch, gli oracoli della tradizione, iniziale motivo della ricerca sul campo. Qui ritornerà nel 2005 e poi ancora nel 2018 e 2019.

Il risultato di questa lunga e affascinante ricerca è stato un libro e un cortometraggio, presentato in prima mondiale domenica 30 agosto 2020 alla 68^ edizione del Trento Film Festival, uno tra i più importanti festival del cinema di montagna al mondo. Si è trattato di un momento significativo, con la presentazione a un pubblico numeroso -malgrado il periodo storico- che rappresenta una partenza e non il punto di arrivo. Infatti, la frase “credo il Trento Film Festival sia solo l’inizio… in bocca al lupo a Kinnaur Himalaya” pronunciata da Sergio Fant, responsabile del programma cinematografico, durante il dibattito seguito alla proiezione, appare ora profetica -non solo di buon auspicio-, visto che Kinnaur Himalaya prosegue il tour di presentazioni oltre confine italiano: è stata ufficializzata la sua presenza nella selezione ufficiale del International Festival of Ethnological Film di Belgrado e del Festival de Cinema de Muntanya de Torelló (Barcellona); recentemente è inoltre stato invitato a Nuovi Mondi Festival di Cuneo.

I grokch sono gli oracoli del Kinnaur.
Uomini scelti sulla base della discendenza per servire come anello di giunzione
tra realtà di villaggio e mondo degli spiriti, attraverso trance e possessione.

Come detto, Kinnaur Himalaya è il titolo dato sia al libro sia al cortometraggio. Se inizialmente l’idea era la pubblicazione cartacea, come per il progetto precedente progetto Dentro l’esodo, nel giro di pochissimo tempo si è delineato il desiderio, o meglio, l’obiettivo di arrivare alla testimonianza video, che in certi contesti risulta essere molto efficacie. Non mi addentrerò qui sulle varie strategie adottate dalla determinazione di Emanuele per portare a termine il progetto, lo potete leggere nell’intervista al link a piè di pagina, ma è degna di nota la sua prima esperienza di crowdfunding, una modalità condivisa di raccolta fondi per finanziare la realizzazione del documentario che ha dato ottimi risultati.

Il libro è la messa a punto, ordinata e rielaborata nello stile, dei diari di viaggio raccolti nel tempo, in cui a volte è il giornalista a prendere appunti, altre l’indole di studente-ricercatore, altre ancora è l’alpinista o semplicemente il viaggiatore. Molte pagine sono dedicate all’esperienza di essere a contatto con un popolo che vive ogni giorno ai confini del mondo, una realtà pressoché inimmaginabile se non fosse suggerita da testimonianze dirette o immagini documentarie. Il sottotitolo è interessante, a mio avviso, per proiettare veramente il lettore, o lo spettatore, in quella dimensione: al confine tra ordine e caos. C’è veramente una linea di demarcazione tra l’ordine e il caos? Se c’è, quanto può essere elastica? E, soprattutto, quali conseguenze può avere la rottura di questo equilibrio?

Dettaglio dell’immagine di copertina del libro.

Come spiega Emanuele, il distretto del Kinnaur e del vicino Spiti, territori in cui si è svolto il reportage, occupano l’area di confine tra il Tibet, ovvero con la Cina, e il subcontinente indiano, è la linea di frontiera nota come LaC, acronimo di Line of Actual Control, vale a dire la linea del cessate il fuoco stabilita tra New Delhi e Pechino dopo la guerra lampo del 1962. Da allora, le due potenze nucleari continuano a disputarsi ampie porzioni di territorio -si parla di 4.050 kilometri di frontiera- su tutto l’arco himalayano.

Emanuele considera che il degenerare della situazione in quest’area potrebbe bastare a gettare gran parte dell’Asia nel caos. Questo è già un primo “confine tra ordine e caos”, a cui si aggiungono, in maniera minore per impatto ma non per importanza, il passaggio epocale vissuto dalla società Kinnauri per effetto dell’imposizione di nuovi modelli economici, -una crescente disponibilità di denaro causa, per esempio, la costruzione sregolata di nuovi edifici in cemento-; a ciò si somma l’impatto delle migrazioni stagionali di braccianti e lavoratori provenienti dalle zone più povere dell’India e dal Nepal. Oltre a fattori di carattere reale e concreto, non può essere sottovalutato l’aspetto cosmologico, ovvero la concezione dell’ambiente naturale diffusa in Kinnaur, che si basa sulla divisione del mondo fenomenico in ambito urbano, dove regna l’ordine, e in ambito sovrannaturale, la selva e le montagne, dominio del caos.

La ricerca di Emanuele si muove a più livelli: l’attenzione e l’interesse verso la tradizione della gente kinnauri di cui si fa testimone fedele, proprio perché vivere a contatto con la gente del luogo, chiedere e conoscere, ottenere la fiducia per assistere a rituali secolari, cioè fenomeni al limite della credibilità per un occidentale, è un’esperienza rara da documentare; la ricerca di tracce spirituali, sentimento che lo porta a spingersi fino al Ki gompa [immagine copertina dell’articolo] per aspettare con i monaci buddhisti che passi la cosiddetta tempesta del decennio; l’osservazione di quei fenomeni sociali che sembrano distanti solo perché non abbiamo abbastanza lucidità [o coraggio?] per considerare l’effetto farfalla [1] e la ricaduta che, nel tempo, tali reazioni possono avere anche nelle nostre vite. L’ultimo capitolo del libro è dedicato alla melocrazia e al cambiamento.

I libri di Emanuele, Kinnaur Himalaya così come Dentro l’esodo, sono delle analisi approfondite di realtà distanti da quella italiana ma evitare di prendere in considerazione ciò di cui lui parla o sottovalutare le contaminazioni prodotte nella nostra quotidianità sarebbe un errore. La sua scrittura è piacevole e scorrevole, affronta con grande semplicità temi complessi, conseguenza naturale per chi questi argomenti li ha sviscerati e vissuti sul campo. Entrambe le pubblicazioni sono corredate da immagini di ottima qualità e rappresentano un veicolo utile a essere trasportati nei luoghi che descrive.

Concludo: sono di parte ma è una parte con cui tutti, di tanto in tanto, dovremmo tentare di familiarizzare. Oppure: se oltre ai romanzi vi piace leggere narrativa di viaggio, questo è un bellissimo libro. Infine: auguriamo buon viaggio a questo breve film che racconta una lunga storia.


[1] Ogni particella dell’universo […] influisce su ogni altra particella, per quanto debolmente o indirettamente. Ogni cosa è interconnessa con ogni altra cosa. Il battito delle ali di una farfalla in Cina può influire sul percorso di un uragano nell’Atlantico. Cit. Douglas Adams. Trovo sia curioso, ma impossibile da approfondire qui, che all’effetto farfalla sia collegata la moderna scienza del caos (di cui in rete si trovano numerosi scritti di carattere scientifico e non).

Se l’argomento è di vostro interesse, vi invito a visitare il sito di Emanuele Confortin e/o di leggere le interviste che ho pubblicato nel web magazine italiandirectory: Testimone dell’esodo: parole e immagini e Kinnaur, un piccolo e prezioso territorio dell’Himalaya. Oltre a questo, diverso materiale è rintracciabile on line.

Per l’acquisto dei libri scrivere a info@indika.it.

Foto © Emanuele Confortin, tratte da Kinnaur Himalaya, al confine tra ordine e caos.

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