Torna, nello spazio espositivo della Barchessa di Villa Giovannina, l’appuntamento con Storie a Scatti, una mostra tutta la femminile, dedicata alle protagoniste della fotografia dal primo dopoguerra ai nostri giorni. Grazie alla collaborazione tra l’Amministrazione Comunale di Villorba e l’Associazione mandr.agor.art, con la curatela di Dionisio Gavagnin e Maria Francesca Frosi, si possono ammirare 89 opere fotografiche di prestigioso valore della collezione privata di Gavagnin.

FOTOGRAFE Le protagoniste delle arti visive dal primo dopoguerra ad oggi nasce dalla constatazione che la storia dell’arte al femminile è strettamente connessa alla storia dell’emancipazione femminile, al loro sguardo più ampio per l’umanità, oltre che per l’ambiente in senso stretto e in senso culturale, e alla fragilità che spesso si trasforma in desiderio e bisogno di determinazione.

Ciò che i curatori vogliono mettere in luce è l’espressione della personalità delle donne che, fino al secolo scorso, è stata costantemente frenata da un impianto sociale che le relegava a ruoli standardizzati, impedendo così di esprimersi liberamente in ambito artistico-culturale, facendo spesso implodere la propria creatività e rimanendo in ombra. Il tema non è nuovo, la letteratura offre molti di questi esempi e infatti, solo qualche mese fa, in quello stesso spazio, si è tenuto lo spettacolo teatrale dedicato alla scrittrice Goliarda Sapienza, di e con Anna Toscano e Viviana Nicodemo, Ti presento Goliarda. Un viaggio tra vita e scrittura, a rafforzare l’impegno e la sensibilità dell’Amministrazione di mantenere il focus sul mondo femminile.

Le opere della collezione Gavagnin raccontano e testimoniano molte storie autentiche, caratterizzate dal bisogno di attirare l’attenzione sulla sfera femminile che accoglie paradossi e acute provocazioni, aspetto che i due curatori presentano con grande capacità e competenza; possiamo definire pionieristica la storia di queste artiste-fotografe, donne capaci di intraprendere la strada della narrazione con la luce dell’affermazione e l’ombra di un atavico retaggio culturale.

Come spiegano i curatori, con un’interessante premessa storico-sociale fondamentale per comprendere l’importanza di ciò che accadde e di cui questa mostra vuole lasciare traccia, è proprio dentro alla stratificazione culturale di una civiltà tutta al maschile che le donne artiste cominciano a scavare per trovare in essa motivi di critica e di contestazione, sino all’affermazione di una diversa sensibilità, di un diverso modo, femminile, di concepire e di vivere il mondo.

La storia, vista nel suo srotolarsi millenario, è un ambiente complesso per influenze e contingenze, per una sorta di memoria che prevale nel presente di ogni popolo, di ogni persona. Spesso quel qui e ora diviene schiavo dell’ego che lo mostra come unica verità, ma la storia è anche -forse soprattutto- approfondimento e conoscenza della diversità. Il panorama fotografico che qui possiamo osservare è significativo proprio nell’ottica di comprensione delle differenze di momenti storici che si susseguono, che vengono interpretati, rielaborati e infine ripropongono quel tema, forte e perpetuo di ogni epoca, che è l’identità.

L’identità della donna passa anche attraverso il suo corpo, come testimonia Claude Cahun, poetessa ed artista surrealista, che offre per prima lo sguardo di una nuova identità femminile, probabilmente ancora in via di definizione, che scruta l’ambiguità e la sensualità, fino alle più note e contemporanee performance di Marina Abramović.

C’è un filo che unisce le fotografe di questa collezione, è un filo multicolore che esprime un modo di sentire e un modo di vedere; può valorizzare il bisogno di urlare al mondo la parità di diritti e opportunità che una donna deve avere ma anche l’amore universale per il mondo e il paesaggio, un sentimento profondo generato dalla natura di essere madre, a prescindere dall’avere avuto o meno dei figli; può mettere in mostra l’esagerazione necessaria per essere presi in considerazione oppure può raccontare dell’amicizia e della trasversalità dell’arte, come la fotografia di Berenice Abbott che ritrae Jean Cocteau e fa parte della serie Le chercheur dort, Il ricercatore dorme, poesia del poliedrico autore francese, scelta per la copertina di questo articolo.

Non mancano le testimonianze delle fotografe che sono entrare nel vivo del loro presente, che fosse una guerra -Gerda Taro morì a soli 27 anni durante il suo reportage sulla guerra civile spagnola- o il mondo della moda oppure gli aspetti più dolorosi del proprio Paese -un nome: Letizia Battaglia.

La mostra racconta un frammento del passato, una storia a scatti, come suggerisce la rassegna quadriennale, con l’intento di stimolare una più attenta osservazione e presa di coscienza del presente.


Informazioni utili

visitabile fino al 18 dicembre 2022

lunedì, mercoledì, giovedì e venerdì: dalle 16.00 alle 20.00

sabato, domenica e festivi: dalle 10.00 alle 20.00

giorno di chiusura: martedì | su prenotazione, visite guidate


Le mostre precedenti: Tina Modotti, Dorothea Langhe e Fotografia Italiana dal Secondo Dopoguerra agli Anni 80.

Le fotografie utilizzate in questo scritto sono tratte dal catalogo della mostra e su gentile concessione dei curatori.

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