Da dove cominciare per parlare dell’ultimo libro di Jacopo Masini? Inizio dal titolo perché è fuorviante, per certi versi. Santi numi, se lo è!

Santi numi passa l’idea che il libro possa essere una raccolta agiografica, quindi c’è da chiedersi: chi legge le biografie di santi se non gli addetti ai lavori? Già qui siamo di fronte a un bivio: sono Santi o non lo sono? Restando nel limbo della risposta, scivoliamo al tono apocrifo che potrebbe assumere o meno il libro, cioè queste testimonianze sono vere o inventate? Sono frutto d’ispirazione divina? Perché, se le storie, per dirne una quella del beato Carlo Bodini di Cavatigozzi, sono vere, la domanda è perché le sa solo Masini, o per quale motivo si è messo a cercarle (e scriverle) e, più di tutto, dove le ha trovate; se sono pura invenzione, la questione si apre sulle ragioni inusuali per cui uno scrittore di narrativa -senza essere preso da ispirazione divina- si sia perso via con certi santi, protagonisti desueti del nostro tempo. E qui, se prima eravamo scivolati, ora proprio rotoliamo con le capriole e finiamo distesi a terra con una parola stampata in fronte: antistaminico.

Fatta la premessa del caso AAA storie inusuali cercasi, mi lego al filo di suddette tre A, per provare a dire qual è il valore di questa raccolta di racconti e storie brevi, giacché un valore ce l’ha e la casa editrice lo ha annusato subito. Resto ancora brevemente sulla questione titolo, perché è troppo ovvia l’importanza che ha nel mercato dell’editoria, la sua peculiarità può attirare o respingere il potenziale lettore. Per me Santi numi è un titolo ad altissimo rischio, ma ho chiesto direttamente all’autore perché avesse scelto proprio quello e lui ha risposto in modo molto semplice: perché è una esclamazione di stupore, che contiene il nome santi, un po’ desueta e in due parole dà l’idea del tono. Ammiro la totale mancanza di una valutazione legata all’impatto con l’atto dell’acquisto e apprezzo il dare corso al puro piacere della coerenza con il contenuto. Un titolo così non attrae chi non è d’uso invocare i santi per una esclamazione di stupore -direi la maggior parte degli italiani-, o chi non ha alcun interesse a scoprire una sorta di santità nell’uomo comune, oppure chi vanta il fascino per il vintage ma non per le parole dal sapore anacronistico. Il guaio è che se uno scarta il libro a causa del titolo, si perde il viaggio percorso da Masini per raccontare storie, storielle e storielline [1] spassose e curiose e così perfette se un lettore vuol essere destato dalla curiosità, se è in attesa di vicende ricercate e inusuali.

Chiesa di san Zeno, Verona. Sant’Anna, vestita dei suoi capelli.

Vediamo, allora, quali sono i soggetti affrescati -proprio come le storie dei santi nelle pareti delle chiese- da Jacopo Masini. Sono uomini e donne, a volte bambine, che vivono situazioni stra-ordinarie, personaggi a cui accadono fatti, a volte misfatti, difficili da spiegare perché hanno perso l’aderenza a ciò che i nostri occhi sono abituati a vedere o la nostra ragione è in grado di comprendere. È qui che i racconti richiedono uno sforzo al lettore: Santi numi non è un libro empatico, in cui poter trovare una storia o un personaggio che ci faccia sentire meno soli, no, tutt’altro, in queste 168 pagine s’incontra qualcosa che è possibile ma raro, motivo per cui appare inverosimile, oppure ci troviamo di fronte a fatti non comprensibili razionalmente, che sembrano delle anomalie della vita, eppure…

Tutti rimasero zitti, fermi, si voltarono per capire chi stava suonando in quella maniera lì e alla fine esplosero in un applauso e in grida di giubilo, urlando – Bravo! – e altre cose simili che è inutile riportare. E anche Carlo Venturi fu costretto a dirgli bravo alla fine, ma anche a domandargli: – Soccia, ma dove hai imparato a suonare così, che l’hanno scorso facevi cagare? – ma Zeno Zilioli, a quanto riferisce la Leggenda minore, ma anche tutte le altre fonti, non rispose mai ed è per questo che quell’anno inghiottito nel buio si è riempito di fantasmi e di storie e di una storia in particolare: la storia dell’incrocio di Sottargine, o giù di lì. Secondo la Leggenda minore e le altre fonti, la notte che Carlo Venturi gli strappò la fisarmonica al Circolo perché suonava come uno a cui hanno perforato i timpani, Zeno se ne andò infuriato vagando per la pianura tra Torricella, Gramignazzo e Sissa in bicicletta, pieno di furie e di pensieri balordi, imprecando contro sé stesso e il destino che non gli aveva dato il talento del musicista e lui invece voleva suonare per andarsene da quella buca in riva al fiume, piena di nebbia di inverno, di zanzare e afa d’estate.

Da questa breve citazione emergono alcuni elementi comuni a molte altre storie. Dunque, santi veri non ce ne sono, i personaggi che incontriamo sono persone comuni a cui accadono eventi strani, episodi così eccezionali da sembrare incredibili al protagonista stesso, che rimane sbalordito, dando dimostrazione delle reazioni più diverse tra loro. La reazione d’incredulità –santi numi!– è generalmente causata da un fatto imprevisto, che coglie tutti di sorpresa e che in alcuni casi è determinato da un incontro, in altri è la conseguenza di un fraintendimento. A dare il senso della normalità di storie straordinarie è d’aiuto lo stile narrativo, il linguaggio dei dialoghi e il tono un po’ burlesco che Masini ha scelto per la stesura dei racconti, uno dei modi classici della tradizione orale per cui Platone diceva di Socrate che è serio scherzando, o per cui sono diventate note le 101 storie zen.

In prossimità di un crocicchio.

Sulla questione delle prime due A, agiografico e apocrifo, possiamo quindi dedurre che l’agiografia proposta dall’autore si ispira al senso di vita non ordinaria, per natura, per scelta o per costrizione, dei suo originalissimi personaggi, e che le sue storie sono apocrife, sì, non è sceso un angelo o qualche figura semidivina o divina a raccontarle allo scrittore, ma rimane l’intento di Masini, rivolto al recupero di una serie di elementi della tradizione orale, fortemente provata dalla mancanza della trasmissione di generazione in generazione di racconti legati all’incredibilità della vita.

Elementi come l’essere chiamato col proprio nome da uno sconosciuto -come fa a conoscere proprio il mio nome?-, incontri strani proprio in un crocicchio, il ciclo annuale in cui accadono certe storie, le apparizioni e il tacere un segreto per tutelare la potenza della sua trasmissione, sono tutte caratteristiche usate dallo scrittore con cognizione di causa.

Ora, a questo punto, proprio giunti a questo snodo del racconto, molte cronache si fermano per aprire una serie di parentesi e riflessioni, proprio come accade ai commentatori e agli esegeti biblici quando si tratta di parlare del momento in cui l’angelo visitò Maria o, per tornare all’esempio di prima, del momento in cui Erode vide danzare Salomè e promise di farle avere ciò che desiderava, e allora la piccola Salomè chiese a sua madre, che le disse di domandare la testa di Giovanni Battista. Accade, cioè, che il racconto si arresti un momento, perché ciò che sta per accadere è decisivo e mette in gioco le virtù, i difetti, le manchevolezze, l’innocenza, il coraggio o la codardia di una giovane donna -o per meglio dire una ragazzina – a cui è toccato in sorte di dover obbedire a un ordine e portare a termine un compito che tutto sommato avrebbe volentieri evitato.

La riflessione a cui invita Masini, nello scorrere dei mesi e delle stagioni che accompagnano lo sfondo delle storie, è una sorta di pensiero antistaminico atto a contrastare una forma di lettura della realtà sempre più omogenea, sempre più depersonalizzata, alla stregua della più evidente standardizzazione delle città – sempre più franchising e sempre meno locali legati alla tradizione del luogo. In tal senso la lettura di Santi numi è un ottimo rimedio per chi ha sviluppato una forma allergica verso una realtà, di cronaca o narrativa, che propone gli stessi temi senza includere le varianti che a volte possono essere scomode; oppure è interessante per chi ha tenuto in memoria un vago ricordo di storie sentite che sembravano impossibili; oppure è spassoso per chi ha voglia di leggere scene esilaranti in cui emerge l’ironia di Masini, un intreccio tra tono scanzonato e serietà.

Il segno che rimane, dopo alcune settimane dalla lettura del libro, è un senso di restituzione di straordinarietà alla contemporaneità: dato che Masini le storie dei santi veri le conosce sul serio, e dato che bazzicando in paeselli poco noti, nelle cui osterie si possono ancora udire storie curiose, ecco che lo scrittore raccoglie, elabora, agisce e Santi numi è indubbiamente il risultato di tale mescolanza di saperi.


Santi numi è pubblicato da Exòrma edizioni

Qui trovate l’intervista all’autore pubblicata nella rivista di critica letteraria Satisfiction e qui c’è un altro punto di vista.

[1] sarebbe una lunga storia raccontare il perché del corsivo, diciamo solo che è un omaggio a Ugo Cornia, e chi sa, sa.

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